Un’azienda su cinque, tra quelle che hanno chiuso il bilancio annuale in rosso, è in perdita a causa delle imposte. Si tratta di quasi 30mila imprese, pari al 6,3% dell’universo di 470mila Spa, Srl, cooperative e consorzi con un valore della produzione superiore a 100mila euro che tra il 2011 e il 2013 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati completi) hanno depositato il bilancio in formato elettronico al Registro delle imprese.
In generale – secondo il report di InfoCamere per Il Sole 24 Ore – a finire in perdita nel 2013 sono state 151mila società, il 32% del totale, in leggero peggioramento rispetto al 29% del 2011 e al 31% del 2012.
Di tutte le società in “default”, il 71% è andato in rosso già a livello di risultato operativo (Ebit), il 9% invece è “caduto” sul risultato ante-imposte, mentre il 20% ha resistito fino a un passo dal traguardo e si è arresa sotto il peso delle imposte.
A voler vedere il bicchiere mezzo pieno, ci si può consolare allargando l’orizzonte al 2011 quando ogni 100 società con il bilancio negativo 22 (rispetto alle 20 attuali) erano sottozero solo per via delle tasse.
Nel 2012 si evidenzia invece una leggera inversione di tendenza: la quota di imprese zavorrate dal fisco scende al 19%, grazie anche al colpo di spugna sulla norma che rendeva indeducibile l’Irap sul costo del personale dalla base imponibile Ires (si veda l’articolo in basso a destra). Ma nel 2013 – e questo è il bicchiere mezzo vuoto – la quota di società in perdita per il fisco è tornata a risalire.
«Il peso dei costi fiscali è molto forte – spiega Matteo Caroli, ordinario di Economia e gestione delle imprese internazionali dell’università Luiss di Roma – perché sposta in terreno negativo una quota rilevante di imprese che altrimenti avrebbero mantenuto l’equilibrio e le rende anche più esposte alla stretta creditizia messa in atto in questi anni dalle banche».
Le imposte possono azzerare il profitto e mandarlo in negativo perché l’Irap non si paga sugli utili ma sul valore della produzione e non si possono dedurre per intero, ad esempio, i costi del personale. «Su questo fronte – aggiunge Caroli – l’abbattimento dell’Irap, dal 2015, con la deducibilità integrale del costo del lavoro a tempo indeterminato è una mossa decisiva nella direzione delle imprese».
In generale, per ora, le perdite hanno un peso relativo più pesante nelle micro-imprese, quelle con un valore della produzione fino a 2 milioni di euro. Qui il “rosso” medio erode il 22% del giro d’affari rispetto al 14% delle piccole imprese, al 13% delle medie e al 6% delle grandi società (si veda l’infografica a lato).
«Gli anni di crisi – sottolinea Caroli – hanno evidenziato l’inadeguatezza dimensionale delle micro-imprese piccole, mentre quelle grandi hanno sostanzialmente tenuto, essendo più strutturate e in grado di gestire in modo più razionale i costi. Senza contare, poi, che le micro imprese a carattere locale hanno sofferto molto di più l’impennata dell’imposizione fiscale decisa sul territorio». La conferma è ancora una volta nei numeri: le società che vanno in rosso sono più numerose tra le aziende di taglia small. Il 35% delle micro-imprese è in perdita e di queste circa il 20% lo è a causa del fisco, mentre nelle grandi società le percentuali scendono rispettivamente al 23 e al 14 per cento.
fonte: ilsole24ore