Gli avvisi di accertamento sottoscritti dai funzionari nominati dirigenti senza concorso potrebbero essere nulli: ma è presto per cantar vittoria.
Una sentenza che rischia di paralizzare l’Agenzia delle Entrate e che ha avuto ampia risonanza tra i contribuenti che sperano in un inatteso annullamento dell’avviso di accertamento.
Stiamo parlando della sentenza n.37/2015 della Corte costituzionale, che ha dichiarato illegittima la proroga del conferimento degli incarichi dirigenziali senza concorso pubblico.
La sentenza
Il Consiglio di Stato aveva promosso un giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 24, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16.
Questa disposizione, infatti, autorizzava l’Agenzia delle Dogane, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia del Territorio a espletare procedure concorsuali, da completare entro il 31 dicembre 2013, per la copertura delle posizioni dirigenziali vacanti.
La disposizione prevedeva, inoltre, che nelle more dell’espletamento di dette procedure, le Amministrazioni sopra richiamate potevano attribuire incarichi dirigenziali a propri funzionari con la stipula di contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata era però fissata in stretta relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso.
Orbene, negli anni le Amministrazioni in oggetto hanno finito per prorogare più volte questo termine, dal 2006 al 2010, continuando, di fatto, a stipulare contratti individuali di lavoro a termine con i funzionari interni per la copertura delle cariche dirigenziali.
Il Tar del Lazio era quindi intervenuto, annullando la delibera del Comitato di gestione dell’Agenzia delle Entrate con la quale si formalizzava la proroga.
Nelle more del procedimento d’appello alla sentenza del Tar, è però entrato in vigore l’art. 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 2012, che aveva finito per trasporre in una legge quanto in precedenza previsto con il regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle entrate.
Il Consiglio di Stato, ha quindi rimesso alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale del citato art. 8, comma 24, del D.L. n. 16 del 2012.
La Corte costituzionale ha ritenuto che “l’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, come convertito, ha contribuito all’indefinito protrarsi nel tempo di un’assegnazione asseritamente temporanea di mansioni superiori, senza provvedere alla copertura dei posti dirigenziali vacanti da parte dei vincitori di una procedura concorsuale aperta e pubblica”.
Per questi motivi, ne hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97 Cost.
Sempre necessario, quindi, ricorrere al concorso pubblico, anche se si tratta di un nuovo inquadramento di dipendenti già in servizio: si configura, infatti, in questo caso, sempre un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni più elevate.
Gli effetti
Indipendentemente dalle sorti dei funzionari e dei dirigenti pubblici, sicuramente la sentenza in oggetto potrebbe avere importanti ripercussioni sugli avvisi di accertamento firmati dai funzionari che ricoprivano incarichi dirigenziali.
Andiamo con ordine e cerchiamo di capire i termini della questione.
L’articolo 42 del D.P.R. 600/73 stabilisce che “l’accertamento è nullo se l’avviso non reca la sottoscrizione, le indicazioni, la motivazione di cui al presente articolo e ad esso non è allegata la documentazione di cui all’ultimo periodo del secondo comma”.
Con specifico riferimento alla necessaria sottoscrizione, la giurisprudenza ha ritenuto, con orientamento ormai consolidato, che “l’avviso di accertamento è nullo, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, articolo 42, se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato. Se la sottoscrizione non è quella del capo dell’ufficio titolare ma di un funzionario […], incombe all’Amministrazione dimostrare, in caso di contestazione, il corretto esercizio del potere sostitutivo da parte del sottoscrittore o la presenza della delega del titolare dell’ufficio, poiché il solo possesso della qualifica non abilita il direttore tributario alla sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione essere in concreto riferibile al capo dell’ufficio” (Cassazione, sentenza n. 17400/12. Dello stesso tenore sono altresì le sentenze Cass. 14195/00, Cass. 14626/00, Cass. 17400/12, Cass. 10513/08, 18514/10 e 19379/12, Cass. 14942/13).
L’interrogazione parlamentare
Al fine di individuare quelli che possono essere gli effetti della sentenza in commento, merita di essere richiamata l’interrogazione parlamentare n. 5-01563, con la quale, il 27 novembre 2013 è stata affrontata la questione.
In quella sede fu infatti chiarito che, per quanto riguarda la legittimità degli atti emessi dai funzionari preposti a incarichi dirigenziali, “secondo la giurisprudenza amministrativa, quando la nomina di un soggetto a organo della pubblica amministrazione si appalesi illegittima e venga annullata, gli eventuali atti adottati da tale soggetto restano efficaci, essendo di norma irrilevante verso i terzi il rapporto in essere fra la pubblica amministrazione e la persona fisica dell’organo che agisce (TAR Lazio, 14 febbraio 2011, n. 1379)”.
Viene altresì ricordato che il Consiglio di Stato, con la sentenza 10 marzo 2005, n. 992 ha precisato che l’annullamento giurisdizionale dell’atto di nomina di un funzionario non travolge, in linea di principio, gli atti da questo adottati nell’esercizio della sua funzione e riguardanti soggetti diversi da quelli che hanno impugnato l’atto di nomina.
Autore: Lucia Recchioni