Commento personale del Dott. Salvatore Errante Parrino
Sono sempre piu’ numerose le richieste di consulenza di soggetti che intendono trasferirsi all’estero anche per sfuggire alle iniquità del sistema amministrativo, fiscale e sanitario italiano.
L’articolo della redazione di Fiscal Focus che si riporta dà una prima infarinatura delle condizioni necessarie per non essere assaliti dal fisco italiano in caso di trasferimento della residenza sia anagrafica che fiscale all’estero.
Altri condizioni comunque saranno necessarie per un trasferimento all’estero opponibile fiscalmente all’ amministrazione finanziaria.
Fondamentale l’analisi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Premessa – Per tutti coloro che nel 2014 si sono trasferiti all’estero, definitivamente o temporaneamente, o comunque hanno realizzato redditi in Paesi esteri, si rende necessario verificare quali sono gli obblighi impositivi e dichiarativi da assolvere in Italia. Questo dipende sia dalla residenza fiscale del soggetto che dal tipo di reddito realizzato.
Determinare la residenza fiscale – La necessità di individuare la residenza fiscale di una persona fisica discende dal diverso criterio utilizzato per tassare i soggetti residenti rispetto ai non residenti.
Infatti:
• se una persona fisica è considerata residente in Italia, è tassata sui redditi ovunque prodotti (worldwide principle);
• mentre una persona non residenteè tassata esclusivamente sui redditi prodotti in Italia.
L’art. 2, D.P.R. 917/1986, dopo aver stabilito al comma 1 che soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche, residenti e non residenti nel territorio dello Stato, dispone al successivo comma 2 che ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno, nel territorio dello Stato, il domicilio o la residenza ai sensi del Codice civile.
La norma in commento, dunque, qualifica un soggetto come residente in Italia quando lo stesso, per la maggior parte del periodo di imposta, è in possesso di uno dei seguenti requisiti:
• iscrizione alle liste anagrafiche della popolazione residente;
• domicilio nel territorio dello Stato;
• residenza nel territorio dello Stato.
Come si evince dal tenore letterale della norma e dalle indicazioni fornite dall’Amministrazione Finanziaria nella C.M. n. 304/E del 1997 i predetti requisiti sono tra loro alternativi e non concorrenti.
Il ruolo delle Convenzioni contro le doppie imposizioni – Nel caso in cui un contribuente risultasse fiscalmente residente in Italia in base ai criteri anzidetti e risultasse fiscalmente residente anche in un Paese estero in base alla normativa interna di quel Paese, per dirimere la controversia sulla definizione della residenza fiscale delle persone fisiche si dovrà far ricorso, ove esistente, alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il paese estero di riferimento.
La tipologia di reddito realizzato – Una volta stabilito che il contribuente è fiscalmente residente in Italia, quindi obbligato a tassare i redditi ovunque prodotti, si passerà ad analizzare l’esercizio della potestà impositiva italiana sulla tipologia di reddito realizzato.
Esempio – Nel corso del 2014 mi sono recato da La Spezia tutti i giorni in Francia in quanto li svolgo attività di lavoro dipendente e ho percepito redditi in Francia per euro 100.000.
Tali redditi vanno tassati anche in Italia?
Soluzione – In tal caso, troverà applicazione la disposizione Convenzionale in tema di frontalieri, in quanto:
• il contribuente risiede in una Regione confinante con la Francia (Liguria);
• è ipotizzabile sostenere che il contribuente sia fiscalmente residente in Italia.
Di conseguenza, i redditi da lavoro dipendente percepiti da Tizio in Francia saranno tassati esclusivamente in Italia, quindi tenendo conto della franchigia di euro 6.700. Non si doveva tener conto della suddetta franchigia per il calcolo degli acconti.
Si segnala inoltre che il co. 690 della Legge di Stabilità 2015 ha innalzato la franchigia IRPEF per i lavoratori frontalieri, che dal 1° gennaio 2015 passa da 6.700 euro a 7.500.
La richiamata disposizione recita: “a decorrere dal 1º gennaio 2015 il limite di reddito di cui all’articolo 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è fissato in 7.500 euro”.
Il precedente intervento del Legislatore ed in particolare il co. 175, art. 1, Legge di Stabilità per il 2014 (L. 147/2013) aveva riproposto la franchigia IRPEF per i lavoratori frontalieri. Diversamente dalle precedenti disposizioni sul tema, si prorogava a “regime” l’esenzione per tali soggetti, fissando il limite di esenzione a 6.700 euro.
Con il nuovo intervento, il Legislatore fa un parziale passo indietro, incrementando la soglia che consente l’esenzione IRPEF dei redditi prodotti dai lavoratori frontalieri.
Autore: Redazione Fiscal Focus